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La Dissoluzione del Karma: tornare a ciò che è vero

Karma

Quando parliamo di karma, spesso lo associamo a un concetto di destino o a una sorta di bilancia cosmica che tiene conto delle nostre azioni. Ma nelle tradizioni dello yoga e del buddhismo, il karma è molto di più. È l’impronta sottile che ogni nostra azione, parola, pensiero lascia nella mente e nel cuore. È un processo di causa ed effetto che non si limita all’esterno, ma che si radica profondamente nella nostra interiorità.


Nel Vedanta e nella filosofia yogica, il karma è considerato l’accumulo delle azioni passate che determinano non solo le esperienze che viviamo, ma anche il modo in cui le percepiamo. Ogni azione genera un seme che si deposita nel subconscio. E quei semi, un giorno, germoglieranno sotto forma di pensieri, emozioni, reazioni, tendenze. In sanscrito si parla di samskara, ovvero le impressioni mentali che costituiscono i nostri condizionamenti.


Il Buddhismo, in modo simile, insegna che il karma è un flusso continuo di intenzione. Non è una punizione, non è un premio: è un movimento, un’eco delle scelte che abbiamo fatto. È, soprattutto, il velo attraverso cui guardiamo il mondo. Un velo che ci impedisce di vedere ciò che è, e ci spinge invece a reagire secondo schemi che abbiamo appreso nel passato.


Così il karma diventa la lente attraverso cui interpretiamo la realtà.

Una lente opaca, costruita dalle nostre esperienze, dalle nostre paure, dalle aspettative, dalle convinzioni su chi siamo e su come dovrebbe essere la vita.

Non vediamo la realtà.

Vediamo il nostro filtro.


La pratica spirituale – che sia la meditazione, il silenzio, la preghiera, l’autoindagine o il semplice atto di portare consapevolezza al presente – è il modo attraverso cui cominciamo a vedere questo filtro. Iniziamo a scoprire che ciò che pensavamo essere la realtà è in realtà una narrazione, una costruzione mentale, un riflesso del passato.


E questa consapevolezza è il primo passo verso la dissoluzione del karma. Perché il karma si dissolve non attraverso lo sforzo, ma attraverso la chiarezza. Non c'è nulla da combattere, nulla da eliminare. C'è solo da vedere. Con attenzione. Con presenza.


La meditazione ci aiuta proprio in questo: a diventare testimoni. Osservatori silenziosi del nostro mondo interiore. E in questo osservare, qualcosa cambia. Non è un cambiamento imposto dall'esterno, è un cambiamento che nasce spontaneamente quando smettiamo di identificarci con i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri schemi.


Pensiamo, ad esempio, a una persona che ha vissuto un'infanzia in cui non si sentiva mai abbastanza, probabilmente a causa dei condizionamenti derivanti dal suo ambiente familiare. Questa esperienza ha generato un samskara, una ferita, una convinzione profonda: "Devo dimostrare il mio valore". E così, nel corso della sua vita, quella persona cercherà di essere perfetta, di ottenere approvazione, di evitare il fallimento.

Ma tutto ciò non è guidato dal presente, bensì da un filtro antico.

Le sue azioni saranno guidate dai condizionamenti subiti nel passato e che hanno generato in lui credenze specifiche su di sé, sul mondo e sulla vita.


Questa è la realtà vista attraverso il karma.


Quando questa persona comincia a meditare, a riflettere, a guardarsi dentro con sincerità, può arrivare a vedere quel filtro. Può riconoscere la voce interiore che le dice "non vali abbastanza". Può diventare consapevole dei suoi continui tentativi di cercare le approvazioni del mondo esterno.

E in quell'attimo di consapevolezza, qualcosa si incrina. Non è più solo la voce che guida la vita, ma è un pensiero osservato. Un pattern riconosciuto.

E quando vediamo, davvero vediamo, possiamo anche incominciare a lasciar andare.


La dissoluzione del karma non è, dunque, un processo intellettuale. Non basta comprendere. Serve vedere. Serve sentire. Serve essere presenti.


Il presente è lo spazio sacro dove il passato può finalmente perdere il suo potere su di noi.

Un maestro zen diceva: "La realtà è semplice. Solo la mente la complica".

Il karma è proprio questa complicazione. Un groviglio di pensieri, emozioni, impulsi che ci allontanano dalla chiarezza dell'essere.


Perché ciò che siamo, nel profondo, è già libero. Non ha bisogno di essere aggiustato, corretto, migliorato. Ha solo bisogno di essere liberato dai veli. Dalle identificazioni. Dai filtri.


Questa è la grande promessa delle pratiche interiori: non tanto cambiare chi siamo, ma scoprire chi siamo veramente, al di là del karma, al di là dei condizionamenti.


Il cammino spirituale è dunque un ritorno. Un ritorno a ciò che è essenziale. Un ritorno alla verità.

Nel Buddhismo si parla della "retta visione" come primo passo del Nobile Ottuplice Sentiero. E la retta visione nasce proprio da questa capacità di vedere chiaramente. Di vedere che la sofferenza nasce dall'attaccamento, dal desiderio, dall'illusione. E vedere questo è già iniziare a liberarsene.


Nel Bhagavad Gita, Krishna dice ad Arjuna: "Colui che ha superato il desiderio e l'attaccamento è libero dal karma". Il karma è ciò che ci tiene legati al ciclo di azione e reazione, al ciclo di nascita e morte. Ma quando agiamo senza attaccamento, quando vediamo senza filtro, allora agiamo nel Dharma, e non nel karma.


E questo è forse il punto più importante: il karma non si dissolve nell'inazione, ma nell'azione consapevole. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di viverlo da un altro luogo. Dal centro. Dal silenzio. Dalla presenza.


Questa è la vera libertà: poter vivere, agire, scegliere, senza essere mossi dai condizionamenti del passato. Poter essere nuovi, in ogni istante. Poter vedere la vita per ciò che è, e non per ciò che temiamo o speriamo che sia.


E allora, la dissoluzione del karma non è altro che il risveglio. Il risveglio della coscienza che vede. Che riconosce. Che abbraccia. E, infine, che lascia andare.


In questo lasciare andare, in questo atto di resa, scopriamo che non c'è nulla da aggiustare. Scopriamo che la vita, così com'è, è già completa. E noi, così come siamo, siamo già interi.

La meditazione quotidiana, l'ascolto del corpo, la scrittura consapevole, il cammino nella natura, le relazioni autentiche: sono tutti strumenti che ci aiutano a fare spazio, a portare luce, a sciogliere i nodi. E nodo dopo nodo, il karma si dissolve.


Non perché diventi meno presente, ma perché smettiamo di identificarci con esso.


E quando il velo si solleva, anche solo per un istante, vediamo.

Vediamo la bellezza della vita. Vediamo la semplicità dell'essere. Vediamo che siamo sempre stati liberi. E che lo saremo ogni volta che scegliamo la presenza al posto della reazione, la consapevolezza al posto del giudizio, l'amore al posto della paura.


Questo è il cuore del percorso spirituale.


Questa è la dissoluzione del karma.



 
 
 

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