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Immagine del redattoreLeonardo di Lernia

Come una scorretta respirazione può influire su ansia e attacchi di panico

Aggiornamento: 10 set 2023


Respirazione e ansia

Le statistiche parlano chiaro: L’80% dei soggetti che soffre di ansia e attacchi di panico ha una respirazione disfunzionale.

E nella maggior parte dei casi si tratta di una condizione cronica di iperventilazione.


Anche la ricerca non è arrivata a capire se “è nato prima l’uovo o la gallina”.

Ovvero, l’ansia e gli attacchi di panico sono una causa o una conseguenza di cattivi schemi respiratori?


Onestamente, credo che la risposta a questa domanda non sia di importanza rilevante. Anche perché questa risposta può essere diversa per ognuno di noi.

Infatti, un disturbo della respirazione può essere un pericoloso fertilizzante per le agitazioni della mente.

Ma può essere, parallelamente, anche una diretta conseguenza dello stress cronico.

Facciamo due esempi pratici:

  • All'età di 4 anni, Mattia* ha avuto un brutto raffreddore che gli ha causato una grave occlusione nasale per diverse settimane. Ha anche avuto problemi con le adenoidi e, per questo, respirare dal naso gli risultava faticoso. Questi fattori lo hanno indotto infatti a respirare prevalentemente con la bocca per un lungo periodo di tempo, sviluppando in lui un'abitudine malsana. Ma nessuno ha saputo diglielo. È noto che il naso svolga, tra le tante importanti funzioni, quella di regolare la frequenza respiratoria imprimendo una certa resistenza al passaggio dell’aria. Per Mattia, però, crescendo, è diventato normale respirare con la bocca. Senza saperlo, questo ha aumentato la probabilità di sviluppare una modesta iperventilazione cronica. Questa sua condizione lo rende però particolarmente suscettibile allo stress. A sua insaputa. Mattia, infatti, ha un sonno disturbato. Russa parecchio (e per tutta la notte) e in periodi di forte tensione emotiva soffre di apnee notturne. Si sveglia più stanco di quando è andato a letto. Quasi tutte le mattine così. Quando qualcosa lo stressa, fatica a gestire le proprie emozioni e la propria mente. Ha 24 anni e la sua ansia è così grave da avergli fatto lasciare l’università. Ora lavora come commesso in un noto marchio di abbigliamento. Sotto Natale, quando il carico di lavoro è alto, sono già due anni che soffre di attacchi di panico.

  • Selene*, invece, ha vissuto un’infanzia spensierata e in piena salute. Questo fino all’età di 17 anni, quando ha subito un forte stress per un evento traumatico (non è necessario specificare). In quell’occasione ha avuto il suo primo attacco di panico. È stato terrificante. Non era in grado di gestire il proprio corpo, che tremava incontrollatamente. Selene piangeva e non riusciva a smettere. Non riusciva a parlare per spiegare come si sentiva. Il respiro sembrava essere l’ultimo pensiero di una mente troppo occupata a gestire la scarica di adrenalina e cortisolo nel suo corpo. Ma ogni tanto respirava, poi tornava a bloccarsi. Da quell’evento, e per alcuni mesi, gli attacchi di panico hanno fatto parte della sua vita. Un po’ la paura di stare male, un po’ nella mente le immagini caotiche del suo trauma ancora non elaborato, Selene non voleva più uscire di casa. Iniziò a soffrire di una limitante ansia nei confronti della scuola. Ma, nonostante quello, riuscì a diplomarsi. Passati dieci anni, ora lavora come impiegata. Molte cose sono cambiate nella sua vita. Ora ha anche due figli e un cane. Però si è separata. Soffre ancora di ansia. Non guida, perchè se si ritrova nel traffico tutto le crolla addosso. La sua ansia la mantiene in costante allerta. Il suo sistema nervoso è sempre in reazione di stress. Uno degli effetti della reazione di stress è quella di aumentare la ventilazione. Il suo respiro è corto e rapido. Anche questa è iperventilazione cronica. *Mattia e Selene sono personaggi di finzione

È stata dura, eh?

Arrivare a leggere fino a qui, dico.

Ma è esattamente ciò che succede là fuori.

Il respiro può essere la causa.

E può essere la conseguenza.


Ora, però, andiamo dritti al sodo

Gli effetti principali di un’iperventilazione cronica sono due:

  1. Deficit di ossigenazione a causa di una ridotta concentrazione di CO2 (Effetto Bohr)

  2. Inibizione parziale della corteccia prefrontale (il nostro “cervello razionale”)

Andiamo ad analizzarli singolarmente

  • Deficit di ossigenazione

Come abbiamo visto in un post precedente, una ventilazione maggiore della norma comporta un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica (CO2). Questo causa uno stato chiamato ipocapnia.

La CO2, però, non è solamente un gas di scarto, quando si parla di biochmica. È infatti fondamentale che sia presente in una determinata concentrazione (intorno ai 35mmHg) nel flusso sanguigno per fare in modo che l’ossigeno possa essere facilmente rilasciato dall’emoglobina per raggiungere i vari tessuti.

Ecco che dall’ipocapnia si può raggiungere uno stato molto simile all’ipossia. Tutti i tessuti vivono la carenza di O2 venendo meno alla loro naturale efficienza.

I muscoli accusano il colpo generando meno forza. Sono più fragili e soggetti a tensioni e lesioni o contratture. Ogni organo assolve alle proprie funzioni, ma affaticandosi. La digestione diventa difficoltosa.

Il cervello, nostro maggiore consumatore di ossigeno, risente del deficit del suo carburante principale generando scarsa capacità di concentrazione e attenzione, confusione, vuoti di memoria.

In uno stato come questo, il corpo e la mente sono in generale più soggetti agli stress esterni. È il modo migliore per spianare la strada all’ansia o alle paure incontrollate che generano il panico.

  • Inibizione della cortecca pre-frontale

Questo incredibile effetto è stato scoperto con tecniche di neuro-imaging durante un’iperventilazione volontaria e controllata.

Breve introduzione: la corteccia prefrontale è l’area del cervello posta anteriormente, appena dietro la fronte. Si occupa del pensiero razionale: è quella che ti permette di trovare una motivazione valida per giustificare come ti senti. Ti permette di reagire quando si avvicina un attacco di ansia o un attacco di panico.

Recenti studi hanno dimostrato che diminuisce l’attività in questa parte del cervello quando si è soggetti a iperventilazione. La riduzione di ossigeno disponibile (come detto sopra) sembrerebbe essere la principale causa.

Quando la corteccia prefrontale viene inibita, ti viene impedito di reagire positivamente allo stress che stai vivendo. Sei più esposto alle tue paure. Non sei in grado di gestire il flusso della tua mente. E, di conseguenza, non sei in grado di controllare la tua ansia o un attacco di panico imminente.


Ma ora, ti alleggerisco!

Una soluzione c’è.

Sia che tu soffra di ansia, sia che tu semplicemente creda di avere un problema con il tuo respiro.

Migliorare la propria respirazione significa imparare una cosa in grado di cambiarti positivamente la vita:

RESPIRARE MENO


Un esercizio utile per portarti in questa direzione è il Box Breathing.

Si esegue in questo modo:

inspira per 4s

trattieni per 4s

espira per 4s

apnea per 4s


Pratica per almeno 5 minuti

Due volte al giorno


«È tutto qui?» chiederai.

No. Effettivamente non può essere tutto qui.

Ma è un inizio.

Anzi, il vero inizio è che sei qui a leggere. A interessarti dell’argomento.

Grazie per questo.

Quindi è uno strumento che ti sto offrendo.

Se vuoi lavorarci in modo serio, contattami.

Fissando una consulenza posso dirti se hai bisogno del mio aiuto come Breath Coach oppure no.

La prima consulenza è gratuita.

Cosa aspetti?


Io intanto ti saluto.

Alla prossima,

Leonardo



Riferimenti:


Voluntary hyperventilation in the treatment of panic disorder--functions of hyperventilation, their implications for breathing training, and recommendations for standardization https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15792851/


Cerebrovascular Response to Cognitive Tasks and Hyperventilation Measured by Multi-Channel Near-Infrared Spectroscopy


Hyperventilation in panic disorder and asthma: empirical evidence and clinical strategies


Differential Carbon Dioxide Sensitivity in Childhood Anxiety Disorders and Nonill Comparison Group


Ventilatory Physiology of Patients With Panic Disorder



48 visualizzazioni2 commenti

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2 Comments


Giada Carioni
Giada Carioni
Sep 01, 2023

Molto interessante, con degli esempi concreti, tangibili che, sentendoli vicini o toccandoci nel profondo, lasciano davvero il segno. E così, anche il tuo articolo, Leo. 🫶

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Leonardo di Lernia
Leonardo di Lernia
Sep 01, 2023
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Grazie Giada 🙏🏼

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